COVID-19 e locazione immobiliare: obbligo di rinegoziazione del contratto e riduzione del canone

Con ricorso ex art. 700 c.p.c., la conduttrice di una struttura alberghiera chiedeva la riduzione dei canoni relativi a due contratti di locazione ad uso alberghiero, in conseguenza delle rilevanti e gravose perdite di ricavi subite per effetto della pandemia da COVID-19: nello specifico, riteneva che la locatrice non avesse ottemperato all’obbligo, derivante dalla clausola generale di buona fede e correttezza, di ricontrattare le condizioni economiche del contratto di locazione a seguito delle sopravvenienze legate all’insorgere della pandemia.

Il ricorso è fondato, sia sotto il profilo del fumus boni iuris che del periculum in mora. Il Tribunale, infatti, afferma che la crisi economica causata dalla pandemia COVID-19 e la chiusura forzata delle attività commerciali – in particolare quelle legate al settore alberghiero e della ristorazione – devono qualificarsi come sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto del contratto di locazione. Ne consegue che, pur in mancanza di clausole di rinegoziazione, i contratti a lungo termine, in applicazione del principio «rebus sic stantibus», devono continuare ad essere rispettati ed applicati dai contraenti sino a quando rimangono intatti le condizioni ed i presupposti di cui essi hanno tenuto conto al momento della conclusione del contratto. Al contrario, qualora si ravvisi una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto del contratto, «la parte che riceverebbe uno svantaggio dal protrarsi dell’esecuzione del contratto alle stesse condizioni pattuite inizialmente, deve poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenutoin base al dovere generale di buona fede oggettiva (o correttezza) nella fase esecutiva del contratto».

Il Giudice, pertanto, condivide l’orientamento dottrinale secondo cui la buona fede può essere utilizzata anche con funzione integrativa cogente nel caso in cui si verifichino dei fattori sopravvenuti e imprevedibili non presi in considerazione dalle parti al momento della conclusione del contratto: ciò può verificarsi anche nel caso dei c.d. «contratti relazionali», che implicano un rapporto continuativo tra le parti e che mal tollerano la risoluzione del contratto, tra cui rientrano anche i contratti di locazione di immobili per l’esercizio di attività produttive. In simili casi, infatti, un’eventuale risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta comporterebbe la perdita dell’avviamento per l’impresa colpita dall’eccessiva onerosità e la conseguente cessazione dell’attività economica: in tali ipotesi sorge, pertanto, in base alla clausola di buona fede e correttezza, un obbligo delle parti di contrattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo volto a ripristinare l’equilibrio del contratto entro i limiti dell’alea normale del contratto.

Il ricorso è fondato anche sotto il profilo del periculum in mora, in quanto il pagamento dei canoni in misura integrale è idoneo ad aggravare considerevolmente la situazione di crisi finanziaria della conduttrice.

Per questi motivi, il Tribunale, in accoglimento del ricorso, dispone la riduzione dei canoni relativi ai due contratti di locazione.

Trib. Lecce, sez. II, ord., 24 giugno 2021

(Fonte: Diritto e Giustizia, dejure, Giuffrè)

sito internet: https://www.dirittoegiustizia.it/#/documentDetail/9315367?ticket=AQIC5wM2LY4SfczsXPMGq_42bA_O37iQWhS_zRLcXKB8vio.%2aAAJTSQACMDMAAlNLABM4MDY2OTE3NjU1NDA1NjM0NjExAAJTMQACMDI.%2a

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